Disastro amianto, in Campania quattro milioni di tonnellate
da rimuovere
In regione ci sono oltre 4 milioni di tonnellate di
materiali che contengono amianto da rimuovere e centinaia di nuovi casi di
malattie correlate ogni anno. Ma il picco deve ancora arrivare. Intanto, il
registro mesoteliomi è fermo e il piano nazionale non è mai partito. La
denuncia dell'Osservatorio Nazionale amianto: "Pericoloso sottovalutare
questo problema"
Quattro milioni e trecentomila tonnellate. Un numero
impressionante: parliamo di amianto, e della “morte bianca” che in Italia miete
5mila vittime ogni anno. In Campania c’è
una bomba a orologeria: più di quattro milioni di tonnellate di materiali che
contengono questo letale minerale sono ancora intorno a noi. Case, scuole,
ospedali. E poi ci sono diverse centinaia di tonnellate di amianto “friabile”.
Difficile quantificare quanto di queste fibre finisca nei nostri polmoni,
perché gli sversamenti abusivi sono continui e le bonifiche mai partite sono
troppe. Nel 2012 sono stati 405 i nuovi casi di malattie correlate all’amianto
tra i lavoratori del settore privato, e sempre nel 2012 sono stati
diagnosticati circa 100 nuovi casi di mesotelioma, il terribile tumore dei
polmoni correlato all’asbesto.
I numeri li snocciola l’Osservatorio Nazionale Amianto,
che domani, a partire dalle 10 del
mattino, terrà a Napoli un convegno, organizzato presso l’istituto alberghiero
di Ottaviano, nel quale saranno illustrate le drammatiche condizioni nelle
quali versa la Regione Campania, con esperti e magistrati, e presenterà in
quell’occasione il piano regionale amianto per la Campania. ”Mentre il Governo Renzi proclama di voler
rivisitare e di voler attuare il piano amianto del Governo Monti che però le
Regioni hanno già bocciato, e che è assolutamente inadeguato, si continua a
morire in Campania come nel resto d’Italia – attacca l’avvocato Ezio Bonanni,
presidente dell’Osservatorio – con un
incremento della mortalità non solo per le patologie correlate all’amianto, ma
anche per altre patologie tumorali, rispetto alle quali l’amianto è un agente
quantomeno concausale, che comunque facilita l’insorgenza di ogni altra
patologia tumorale”.
LE ETERNIT CAMPANE
Eternit e Italsider di Bagnoli, Sacelit di Volla, Tecnotubi di Torre
Annunziata, ex Sofer di Pozzuoli, l’Avis di Castellammare, la Firema di
Caserta, l’ex Iscochimica di Avellino, la Fincantieri di Castellammare di
Stabia. Sono solo alcune delle fabbriche interessate dal fenomeno amianto. Poi
ci sono gli sversamenti abusivi, “spesso in mano alla criminalità, anche
organizzata”, ricorda Bonanni, in discarica ma anche nei centri abitati.
IL PROCESSO ETERNIT: L’AMIANTO E’ ANCORA DISASTRO
Clamoroso, poi, il caso dell’Eternit di Bagnoli: nel 2012 una inchiesta di
Fanpage.it con l’Osservatorio Nazionale
Amianto ha squarciato il velo sul disastro ambientale, ancora presente. In
queste immagini si vede amianto ovunque: nella fabbrica dismessa, nelle strade
adiacenti, sull’asfalto, in sacconi mal conservati all’aperto. E poi le storie
delle famiglie che in quei territori hanno perso i loro cari. Alcuni vi
lavoravano, altri semplicemente abitavano lì. Queste immagini sono poi finite
tra le mani del pm Raffaele Guariniello. Sulla base delle nuove prove, la Corte
di Appello di Torino ha accolto il ricorso del procuratore e della difesa delle
vittime e il 3 giugno dell’anno scorso ha condannato Stephan Schmidheiny anche
per i casi dei decessi tra i lavoratori di Bagnoli: “La pena è stata portata da
16 a 18 anni proprio per questo”, precisa l’avvocato Bonanni.
IL PICCO ARRIVERA’ NEL 2020
Il Registro Mesoteliomi è
fermo al 2008 e ciò “non aiuta a prendere atto della drammaticità dei problemi
legati all’amianto”. E l’incidenza è destinata ad aumentare. Secondo le stime,
“presumibilmente intorno al 2020 e fino al 2030, sia per i mesoteliomi che per
altri tumori polmonari e patologie come l’asbestosi legate all’amianto, ci sarà
un picco di morti”. Questo è dovuto al lungo periodo di latenza, anche 40-45
anni, tra l’esposizione all’amianto e il momento nel quale si manifesta la
malattia. A questo si aggiunge che, nonostante una legge del 1992 abbia vietato
finalmente l’utilizzo del letale composto in Italia, in molti casi le bonifiche
non sono state effettuate e la popolazione resta esposta all’amianto.
LE SCUOLE
ALL’AMIANTO
Esiste, poi, ancora
tanto amianto in edilizia. Un esempio? Gli istituti scolastici: “Il premier
Matteo Renzi – sottolinea il presidente dell’Osservatorio – sembra non voler affrontare il problema:
quando ha fatto riferimento alle ristrutturazioni delle scuole, ha sorvolato
sull’amianto”. Che, però, resta un problema pressante: “Abbiamo calcolato –
spiega Bonanni – che in Italia ci sono 2.400 scuole con amianto, che non
potrebbero essere ristrutturate senza prima essere bonificate, perché le fibre
di amianto si disperderebbero nell’aria”.
IL PIANO NAZIONALE? UN BLUFF
Esiste un “Piano nazionale
amianto” approvato dal Governo Monti nel 2013, che però non è mai entrato in
vigore perché la Conferenza Stato-Regioni non gli ha dato il via libera. Il
problema, come spesso accade, sono le coperture finanziarie. “Il piano
nazionale amianto del governo Monti non è condivisibile – spiega l’avvocato Ezio
Bonanni – non dice la verità sulle
dimensioni del problema dal punto di vista epidemiologico, si riferisce
unicamente a circa mille decessi l’anno per il mesotelioma pleurico ma non
parla di tutte le altre patologie legate all’amianto. Noi, invece, vorremmo
partire dai territori con piani regionali: bisogna dare priorità alle
bonifiche, che potrebbero essere attuate con una organizzazione meno
verticistica, senza programmi calati dall’alto, utilizzando al meglio le
risorse. Un esempio: utilizzare i fondi strutturali europei e la leva fiscale
per consentire la detrazione delle spese nel rinnovamento degli impianti”.
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